mercoledì 22 giugno 2011

Lucca (G.Ungaretti)

Ecco Lucca, calda, crudele, serrata, e verde.

Mi sento qui nella carne di ogni persona che in-

contro.

Esamino i connotati come se chi passa portasse via,

nei suoi panni, il mio corpo. E’ la mia terra, è il mio

sangue. Ne ho un tormento e un desiderio come chi

si scostasse da un incesto; – ma non può dominare la

fatalità dei suoi sensi!

Queste giornate, in questi luoghi, mi fanno soffrire,

e mi coprono di voluttà, e mi tengono limitato come

in una bara.

Riprenderò la via del mondo. Andrò dove sono fo-

restiero: Dove non è peccato, sacrilegio, essere curiosi

di sè nelle cose che godi.

Qui finirei col riprendere la zappa, col rimescolarmi

ai contadini, col dimenticare le acredini e i miracoli

delle lettere, col lodare, al sole l’alto grano d’oro,

mentre si falcia, e le coscie delle donne sorprese a

fecondarsi di te in una gran perdizione di sguardi e di

morsi bestiali; e non sai più se è una pesca o labbra

quella forma che hai divorato, se non fosse l’odor for-

te della donna; e poi al sole che ti dà un abbandono,

un abbandono così esteso, che accogli il sonno come

una pace vera di morte.

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